lunedì 5 dicembre 2011

jumper


David scopre a 17 anni di avere il dono del teletrasporto. Può materializzarsi in qualsiasi parte del mondo guardando una semplice immagine. Ma non è il solo, i Jumpers esistono da secoli e vivono una lotta costante contro i Paladini, una setta che vuole sterminarli. Come in Star Wars III, Christensen interpreta un uomo che sceglie l’uso amorale delle sue doti. David è un antieroe che sfrutta il misterioso potere per rubare nelle banche e viaggiare. Tratto da un romanzo di Steven Gould, inedito in Italia, Jumper mette in scena una trama superficiale per mostrare salti spaziali verso una serie di location da cartolina. Si balza dalla Sfinge, al Big Bang, a Tokyo, in maniera nervosa e piuttosto confusa. E di queste location la pellicola non mostra più di quanto si veda in una bella foto turistica, dando l’impressione di sfondi vacui e inutili alla narrazione. Dedicata a Roma, e, per non rischiare di uscire dalla banalità, al Colosseo, una lunga sequenza del film, l’unica posata e seguibile peraltro, dove David si lascia arrestare dai poliziotti italiani, restando ore in attesa di un magistrato. Al di là dell’idea di partenza, e della difficoltà a lasciarsi coinvolgere con un antieroe volutamente antipatico, Jumper mostra il carattere molto attuale della frenesia visiva a discapito del contenuto. Alla costruzione dei personaggi e delle situazioni, si preferisce spesso l’accumulo spropositato di luoghi spettacolari, ostentati in oggettive irreali con l’aiuto della computer graphic. Doug Liman, regista di The Bourne Identity e Mr. & Mrs Smith, non approfondisce, come ci si attenderebbe, il rapporto degli attori nello spazio. Impaziente e incapace di valorizzare i luoghi, introduce i viaggi da visioni aeree roteanti e pompose, certamente belle sul grande schermo ma incapaci di fissarsi nella memoria per la loro vacuità narrativa. Al caos visivo si aggiunge il pasticciato plot, che pur essendo privo di sorprese, è raccontato con buchi e sequenze apparentemente insensate. Una nota positiva va alla striminzita durata, che evita l’inutile polpettone ma accentua la sensazione di aver visto il trailer di Jumper 2.

giovedì 1 dicembre 2011

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La divina commedia ne cita solo tre su sette vediamoli

L' inferno

L'inferno dantesco è immaginato come una serie di anelli numerati, sempre più stretti che si succedono in sequenza e formano un tronco di cono rovesciato; l'estremità più stretta si trova in corrispondenza del centro della Terra ed è interamente occupata da Lucifero che, movendo le sue enormi ali, produce un vento gelido: è il ghiaccio la massima pena. In questo Inferno, ad ogni peccato, corrisponde un cerchio, ed ogni cerchio successivo è più profondo del precedente e più vicino a Lucifero; più grave è il peccato, maggiore sarà il numero del cerchio.

Al di là dell'Acheronte si trova il primo cerchio, il Limbo. Qui stanno le anime dei puri che non ricevettero il battesimo e che però vissero nel bene; vi si trovano anche - in un luogo a parte dominato da un "nobile castello" - gli antichi "spiriti magni" che compirono grandi opere a vantaggio del genere umano (Virgilio stesso è tra loro). Oltre il Limbo, Dante e il suo maestro entrano nell'Inferno vero e proprio. All'ingresso sta Minosse, il secondo guardiano infernale che, da giudice giusto quale fu, indica in quale cerchio infernale ogni anima dovrà scontare la sua pena. Superato Minosse, i due si ritrovano nel secondo cerchio, dove sono puniti i lussuriosi: tra essi le anime di Semiramide, Cleopatra ed Elena di Troia. Celebri i versi del quinto canto su Paolo e Francesca[8] che raccontano la loro storia e passione amorosa. Ai lussuriosi, travolti dal vento, succedono nel terzo cerchio, i golosi; questi sono immersi in un fango puzzolente, sotto una pioggia senza tregua, e vengono morsi e graffiati da Cerbero, terzo guardiano infernale; dopo di loro, nel quarto cerchio, stanno gli avari e i prodighi, divisi in due schiere destinate a scontrarsi per l'eternità mentre fanno rotolare massi di pietra lungo la circonferenza del cerchio.

Dante e Virgilio giungono poi al quinto cerchio, davanti allo Stige, nelle fangose acque del quale sono puniti iracondi e accidiosi; i due Poeti vengono traghettati sulla riva opposta dalla barca di Flegiàs, quarto guardiano infernale. Lì, sull'altra sponda, sorge la Città di Dite (sesto cerchio), in cui sono puniti i peccatori consapevoli del loro peccare. Davanti alla porta chiusa della città, i due sono bloccati dai demoni e dalle Erinni; entreranno solo grazie all'intervento dell'Arcangelo Michele, e vedranno come sono puniti coloro "che l'anima col corpo morta fanno", cioè gli epicurei e gli eretici in generale: tra gli eretici incontrano Farinata degli Uberti, uno dei più famosi personaggi dell'Inferno dantesco.

Oltre la città, il poeta e la sua guida scendono verso il settimo cerchio lungo uno scosceso burrone (l' alta ripa), alla fine del quale si trova il terzo fiume infernale, il Flegetonte, un fiume di sangue bollente. Questo fiume costituisce il primo dei tre gironi in cui è diviso il VII cerchio; vi sono puniti i violenti tra cui il Minotauro ucciso da Teseo con l'aiuto di Arianna. Nel Flegetonte, scontano la loro pena i violenti verso il prossimo. Oltre il fiume, sull'altra sponda è il secondo girone, (che Dante e Virgilio raggiungono grazie all'aiuto del centauro Nesso); qui stanno i violenti contro sé stessi, i suicidi trasformati in arbusti secchi, feriti e straziati per l'eternità dalle Arpie; tra loro troviamo Pier delle Vigne); nel secondo girone stanno anche gli scialacquatori, inseguiti e sbranati da cagne. L'ultimo girone, il terzo, è una landa infuocata, ed ospita i violenti contro Dio, la Natura e l'Arte, ossia i bestemmiatori, i sodomiti (tra cui Brunetto Latini) e gli usurai. A quest'ultimo girone Dante dedicherà molti versi dal Canto XIV al Canto XVII.

Alla fine del VII cerchio, Dante e Virgilio, scendono per un burrato (burrone) in groppa a Gerione, il mostro infernale dal volto umano, zampe leonine, corpo di serpente e coda di scorpione. Così raggiungono l'VIII cerchio chiamato Malebolge, dove sono puniti i fraudolenti. L'ottavo cerchio è diviso in dieci bolge; ogni bolgia è un fossato a forma di cerchio. I cerchi sono concentrici, scavati nella roccia e digradanti verso il basso, alla base di essi si apre il Pozzo dei Giganti. Nelle bolge sono puniti, nell'ordine, ruffiani, adulatori, simoniaci, indovini, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti - tra cui Ulisse e Diomede. Ulisse racconta ai due viandanti il suo ultimo viaggio; qui si vede che Dante non era a conoscenza della predizione di Tiresia sulla morte di Ulisse e perciò ne inventa la fine in un gorgo marino al di là delle Colonne d'Ercole, simbolo per Dante della ragione e dei limiti del mondo. Si incontrano seminatori di discordie e falsari - tra cui, nella decima bolgia, il "folletto" Gianni Schicchi); infine i due accedono al IX ed ultimo cerchio, dove sono puniti i traditori.

Questo cerchio è diviso in quattro zone, coperte dalle acque gelate del Cocito. Nella prima zona, chiamata Caina (dal nome Caino, che uccise il fratello Abele), sono puniti i traditori dei parenti; nella seconda, Antenora (dal nome Antenore, il Troiano che consegnò il Palladio ai nemici greci), stanno i peccatori come lui: traditori della patria; nella terza, Tolomea (dal nome del re Tolomeo XIII, che al tempo di Cesare uccise il suo ospite Pompeo), si trovano i traditori degli ospiti; infine nella quarta, Giudecca (dal nome Giuda Iscariota, che tradì Gesù), sono puniti i traditori dei benefattori. Nell'Antenora Dante incontra il Conte Ugolino che narra della sua segregazione nella Torre della Muda con i figli e la loro morte per fame. Segregazione e morte volute dall'Arcivescovo Ruggieri. Ugolino appare nell'Inferno sia come un dannato che come un demone vendicatore, che rode per l'eternità il capo del suo aguzzino, l'Arcivescovo Ruggieri. Dell'ultima zona si trovano i tre grandi traditori: Cassio, Bruto e Giuda Iscariota; la loro pena consiste nell'essere maciullati dalle tre bocche di Lucifero, che qui ha la sua dimora.

Scendendo lungo il suo corpo peloso, Dante e Virgilio raggiungono una grotta e scendono alcune scale. Dante è stupito: non vede più la schiena di Lucifero e Virgilio gli spiega che ora si trovano nell'Emisfero Australe. Attraversano quindi la natural burella, il canale che li condurrà alla spiaggia del Purgatorio, alla base della quale usciranno poco dopo "a riveder le stelle".

Il purgatorio

Usciti dall'Inferno attraverso la natural burella, Dante e Virgilio si ritrovano nell'emisfero australe terrestre (che si credeva interamente ricoperto d'acqua), dove, in mezzo al mare, s'innalza la montagna del Purgatorio, creata con la terra che servì a scavare il baratro dell'Inferno, quando Lucifero fu buttato fuori dal Paradiso dopo la rivolta contro Dio. Usciti dal cunicolo, i due giungono su una spiaggia, dove incontrano Catone Uticense, che svolge il compito di guardiano del Purgatorio. Dovendo cominciare a salire la ripida montagna, che si dimostra impossibile da scalare, tanto è ripida, Dante chiede ad alcune anime quale sia il varco più vicino; sono questi la prima schiera dei negligenti, i morti scomunicati, che hanno dimora nell'antipurgatorio. Nella I schiera di negligenti dell'antipurgatorio Dante incontra Manfredi di Svevia. Assieme a coloro che tardarono a pentirsi per pigrizia, ai morti per violenza e ai principi negligenti, infatti, essi attendono il tempo di purificazione necessario a permettere loro di accedere al Purgatorio vero e proprio. All'ingresso della valletta dove si trovano i principi negligenti, Dante, su indicazione di Virgilio, chiede indicazioni ad un'anima che si rivela essere una sorta di guardiano della valletta, il concittadino di Virgilio Sordello, che sarà la guida dei due fino alla porta del Purgatorio.

Giunti alla fine dell'Antipurgatorio, superata una valletta fiorita, i due varcano la porta del Purgatorio; questa è custodita da un angelo recante in mano una spada fiammeggiante, che sembra avere vita propria, e preceduto da tre gradini, il primo di marmo bianco, il secondo di una pietra scura e il terzo in porfido rosso. L'angelo, seduto sulla soglia di diamante e appoggiando i piedi sul gradino rosso, incide sette "P" sulla fronte di Dante, poi apre loro la porta tramite due chiavi (una d'argento e una d'oro) che aveva ricevuto da San Pietro; quindi i due poeti si addentrano nel secondo regno.

Il Purgatorio è diviso in sette 'cornici', dove le anime scontano i loro peccati per purificarsi prima di accedere al Paradiso. Al contrario dell'Inferno, dove i peccati si aggravavano maggiore era il numero del cerchio, qui alla base della montagna, nella I cornice, stanno coloro che si sono macchiati delle colpe più gravi, mentre alla sommità, vicino al Paradiso terrestre, i peccatori più lievi. Le anime non vengono punite in eterno, e per una sola colpa, come nel primo regno, ma scontano una pena pari ai peccati commessi durante la vita.

Nella prima cornice, Dante e Virgilio incontrano i superbi, nella seconda gli invidiosi, nella terza gli iracondi, nella quarta gli accidiosi, nella quinta gli avari e i prodighi. In questa cornice ai due viaggiatori si unisce l'anima di Stazio dopo un terremoto e un canto Gloria in excelsis Deo (Dante riteneva Stazio convertito al cristianesimo); questi si era macchiato in vita di eccessiva prodigalità: proprio in quel momento egli, che dopo cinquecento anni di espiazione in quella cornice aveva sentito il desiderio di assurgere al Paradiso, si offre di accompagnare i due fino alla sommità del monte, attraverso le cornici sesta, dove espiano le loro colpe i golosi che appaiono magrissimi, e settima, dove stanno i lussuriosi avvolti dalle fiamme. Dante ritiene che Stazio si sia convertito grazie a Virgilio e alle sue opere, che hanno aperto gli occhi a Stazio: egli, infatti, grazie all'Eneide e alle Bucoliche ha capito l'importanza della fede cristiana e l'errore del vizio della prodigalità: come un lampadoforo, Virgilio ha fatto luce a Stazio rimanendo però al buio; fuor di metafora, Virgilio è stato un profeta inconsapevole: ha portato Stazio alla fede ma lui, avendo fatto in tempo solo ad intravederla, non ha potuto salvarsi, ed è costretto a soggiornare per l'eternità nel Limbo. Ascesi alla settima cornice, i tre devono attraversare un muro di fuoco, oltre il quale si diparte una scala, che dà accesso al Paradiso terrestre. Paura di Dante e conforto da parte di Virgilio. Giunti qui, il luogo dove per poco dimorarono Adamo ed Eva prima del peccato, Virgilio e Dante si devono congedare, poiche il poeta latino non è degno di guidare il toscano fin nel Paradiso, e sarà Beatrice a farlo.

Quindi Dante si imbatte in Matelda, la personificazione della felicità perfetta, precedente al peccato originale, che gli mostra i due fiumi Letè, che fa dimenticare i peccati, ed Eunoè, che restituisce la memoria del bene compiuto, e si offre di condurlo all'incontro con Beatrice, che avverrà poco dopo. Beatrice rimprovera duramente Dante e dopo si offre di farsi vedere senza il velo: Dante durante i rimproveri cerca di scorgere il suo vecchio maestro Virgilio che ormai non c'è più. Dopo aver bevuto le acque del Letè e poi dell'Eunoè, infine, Dante segue Beatrice verso il terzo ed ultimo regno: il Paradiso.

Il paradiso

Il Paradiso è composto da nove cerchi concentrici, al cui centro sta la Terra; in ognuno di questi cieli, dove risiede un pianeta diverso, stanno i beati, più vicini a Dio a seconda del loro grado di beatitudine. Ma le anime del Paradiso non stanno meglio o peggio, e nessuno desidera una condizione migliore di quella che ha, poiché la carità non permette di desiderare altro se non quello che si ha; Dio, al momento della nascita, ha donato secondo criteri inconoscibili ad ogni anima una certa quantità di grazia, ed è in proporzione a questa che essi godono diversi livelli di beatitudine. Prima di raggiungere il primo cielo i due attraversano la Sfera di Fuoco.

Nel primo cielo, quello della Luna, stanno coloro che mancarono ai voti fatti (Angeli); nel secondo, il cielo di Mercurio, risiedono coloro che in Terra fecero del bene per ottenere gloria e fama, non indirizzandosi al bene divino (Arcangeli); nel terzo cielo, quello di Venere, stanno le anime degli spiriti amanti (Principati); nel quarto, il cielo del Sole, gli spiriti sapienti (Potestà); nel quinto, il cielo di Marte, gli spiriti militanti dei combattenti per la fede (Virtù); e nel sesto, il cielo di Giove, gli spiriti governanti giusti (Dominazioni).

Giunti al settimo cielo, quello di Saturno dove risiedono gli "spiriti contemplativi" (Troni), Beatrice non sorride più, come invece aveva fatto finora; il suo sorriso, infatti, da qui in poi, a causa della vicinanza a Dio, sarebbe per Dante insopportabile alla vista, tanto luminoso risulterebbe. In questo cielo risiedono gli spiriti contemplativi, e da qui Beatrice innalza Dante fino al cielo delle Stelle fisse, dove non sono più ripartiti i beati, ma nel quale si trovano le anime trionfanti, che cantano le lodi di Cristo e della Vergine Maria, che qui Dante riesce a vedere; da questo cielo, inoltre, il poeta osserva il mondo sotto di sé, i sette pianeti e i loro moti e la Terra, piccola e misera in confronto alla grandezza di Dio (Cherubini). Prima di proseguire Dante deve sostenere una sorta di "esame" in Fede, Speranza, Carità, da parte di tre professori particolari: San Pietro, San Giacomo e San Giovanni. Quindi, dopo un ultimo sguardo al pianeta, Dante e Beatrice assurgono al nono cielo, il Primo Mobile o Cristallino, il cielo più esterno, origine del movimento e del tempo universale (Serafini).

In questo luogo, sollevato lo sguardo, Dante vede un punto luminosissimo, contornato da nove cerchi di fuoco, vorticanti attorno ad esso; il punto, spiega Beatrice, è Dio, e attorno a lui stanno i nove cori angelici, divisi per quantità di virtù. Superato l'ultimo cielo, i due accedono all'Empireo, dove si trova la rosa dei beati, una struttura a forma di anfiteatro, sul gradino più alto della quale sta la Vergine Maria. Qui, nell'immensa moltitudine dei beati, risiedono i più grandi santi e le più importanti figure delle Sacre Scritture, come Sant'Agostino, San Benedetto, San Francesco, e inoltre Eva, Rachele, Sara e Rebecca.

Da qui Dante osserva finalmente la luce di Dio, grazie all'intercessione di Maria alla quale San Bernardo (guida di Dante per l'ultima parte del viaggio) aveva chiesto aiuto perché Dante potesse vedere Dio e sostenere la visione del divino, penetrandola con lo sguardo fino a congiungersi con Lui, e vedendo così la perfetta unione di tutte le realtà, la spiegazione del tutto nella sua grandezza. Nel punto più centrale di questa grande luce, Dante vede tre cerchi, le tre persone della Trinità, il secondo del quale ha immagine umana, segno della natura umana, e divina allo stesso tempo, di Cristo. Quando egli tenta di penetrare ancor più quel mistero il suo intelletto viene meno, ma in un excessus mentis[9] la sua anima è presa da un'illuminazione e si placa, realizzata dall'armonia che gli dona la visione di Dio, dell'amor che move il sole e l'altre stelle.

Parole alate, che correte metricamente tra la retorica e la persuasione...vi manca solo un pizzico di sinergia

Coloro che non fanno parte di nessuna crew, verranno smistati al sesto posto